Gino è furbo e svelto come una lepre. Gino non chiede, pretende. Gino non ascolta, fa. Gino ha un'espressione sul viso come di stizza, che non è propriamente un'espressione fatta per dire la sua rabbia o la sua solitudine, è più una smorfia per respingere al mittente ogni eventuale attenzione. Oggi Gino ha lasciato andare un sorriso...
Jingongo invece ha i nervi scoperti, è senza pelle, senza difese, ti guarda e piange sconsolato oppure va su tutte le furie per un oggetto rotto, un pupazzo senza una gamba, un'automobilina sbilenca, un giochino scartato da qualche altro bambino chissà in quale parte di mondo.
Tchuchu è piccolo e tenero, si fa fatica a non prenderlo in braccio. Gli dicono che, anche se ha 8 anni, lì dentro è come se ne avesse di più, e lui si adegua o tenta. Tchuchu ha un braccino ferito, leso da una cicatrice scomposta che a guardarla sale una rabbia dentro profonda e la voglia di sapere come è andata e chi è stato, per saltargli addosso e ucciderlo. Lui però non ne vuole parlare e il bracco lo tiene ritratto, vicino al corpo, la zampina ferita di un piccolo animale.
Dani ha le scarpe rotte e come lui molti altri. Vuole ripararle, ma il buco è così grande che lascia fuori il piede e gli aghi, comprati per strada, sono roba che si spezza, così finisco per bucare le dita e non riparare nulla.
Phelipe ride e quando lo fa si porta una mano alla bocca a coprire il sorriso largo, i denti bianchi, come se provasse vergogna di tanta allegria. Ci tiene al suo armadietto, c'è tutto ciò che ha. Un ripiano sembra un altare, l'altare delle cose dimenticate. Una foto sbiadita. Un pezzo di specchio appuntito. Un dentifricio. Una macchinina rossa senza le ruote. Il santino di Don Bosco. Un pezzo di stoffa. Un legno intagliato. Una saponetta.
Pisacaco è grande. Di corpo e di testa. E' serio Pisacaco. Ha sempre la Bibbia aperta sul letto, sotto alla zanzariera. A tenere la pagina un rosario bianco. Passa il tempo a piegare le magliette. Le tira fuori dal "casifo" per poi ripiegarle. Parla poco, ma fa, come gli è stato detto.
Allegria, questo nome starebbe bene a Phelipe, sorride poco e spesso si arrabbia.
Anche Naka è grande. Ha un nome africano e una saggezza che viene da qualche antenato di un villaggio lontano. Naka trasmette sapere. Sa fare animali di cartone, il leone, lo gnu, il rinoceronte, la giraffa e lo insegna agli altri, che lo stanno a sentire. I piccoli lo braccano, gli saltano addosso, fanno finta di fare la lotta con lui. Poi lo abbracciano e lo tengono stretto.
Nelu ha il viso tondo e gli occhi grandi, è tenero e buffo. Parla con gli occhi e con le mani. Racconta con voce roca che la mamma lo picchiava e per questo è scappato via.
Joao è innamorato, dell'amore e della voglia di imparare. E' grande e vuole sapere tutto del mondo. Parigi, Londra, l'Italia, il francese, l'inglese, per sussurrarlo all'orecchio di una futura ragazza, per parlarlo un giorno quando il lavoro lo richiederà.
Enrique invece è stato un'ombra. Il tempo di imparare il suo nome e già se ne era andato, tornato alla strada, da dove era venuto.